mercoledì 25 aprile 2012

Sventurata la terra che ha bisogno di eroi...

Lascio da parte le mie lagne pseudo-amorose (ringrazio Fiona per il commento, ci sto rimuginando sopra e non so ancora darmi una risposta!) per riflettere sulla giornata di oggi... soprattutto un post della Fran mi ha fatto riflettere... per le nostre generazioni, vale più la pena festeggiare il 25 aprile? Leggevo stamattina sul corriere della sera (quindi non topolino o donna moderna) l'intervista a un ragazzo di 25-26 anni che aveva deciso di iscriversi all'Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia)... il titolo mi attira, leggo l'articolo... bene... ne sono rimasta parecchio delusa... una sequela di banalità dietro l'altra, scritte giusto per riempire la pagina di giornale... mi ricollego quindi alla domanda iniziale... vale più la pena festeggiare il 25 aprile? che significato ha per una persona della mia età, o poco più giovane, ricordare quello che accadde quasi 70 anni fa? E' ovviamente una domanda retorica, la memoria del passato deve essere perpetrata per far sì che certi errori non si commettano più, nè da parte di uno schieramento politico nè dall'altro... tutti quei giovani e meno giovani che hanno combattuto per quell'ideale di libertà, rischiando la vita e perdendola in molti casi... noi, ragazzi del 2012... saremmo stati in grado di fare altrettanto? io ci penso spesso... se fossi vissuta in quegli anni... come mi sarei comportata? avrei messo a rischio la mia vita e quella della mia famiglia per ribellarmi, per combattere, in maniera più o meno attiva, rischiando anche la morte? Dico la verità, non sono sicura che la mia risposta sarebbe stata un sì... è ovvio che in certe situazioni bisogna trovarcisi per giudicarle... ma col senno di poi non so cosa avrei fatto... è pur vero che dove vivo io di rappresaglie contro i partigiani ce ne sono state poche... mi pare che, del mio comune, ne siano morti fucilati uno o due, non di più... ma al di là di quello... saremmo stati capaci di gesti eroici o comunque di anteporre il bene comune a quello del singolo individuo? E' una domanda che mi ritorna continuamente in testa, non solo in occasione di ricorrenze come quelle del 25 aprile o del 2 giugno...

Penso anche ai miei nonni, soldati dell'esercito italiano finiti uno in un campo di prigionia in Germania, l'altro in Russia... sono fortunatamente tornati entrambi... ma quando sono partiti avevano uno 19 e l'altro 22 anni... io, mio fratello, i miei amici, alla loro età, ce l'avremmo fatta a resistere a tutto ciò e a tornare? A sopravvivere al freddissimo inverno tedesco mangiando fette di pane e salame sottili come carta? a tornare dalla Russia pesando solo 35 chili? Non lo so... devono avere avuto una forza spaventosa per superare tutto ciò!

Continuo a pensarci ancora un po'... e oggi, per aiutarmi nella riflessione, mi sono letta questo bell'articolo di D'Avenia, con le lettere dei condannati a morte della resistenza europea.... tra quelle che ho letto, quella che più mi ha colpita è stata quella del 19enne Giuseppe Ulivi, studente di giurisprudenza... qui quello che mi ha colpito di più...

"Credetemi la “cosa pubblica” è noi stessi. Al di là di ogni retorica, constatiamo come la cosa pubblica sia noi stessi, la nostra famiglia, il nostro lavoro, il nostro mondo insomma.
E se ragioniamo il nostro interesse e quello della cosa pubblica finiscono per coincidere. Appunto per questo dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più delicato e importante. Perchè da questo dipendono tutti gli altri, le condizioni di tutti gli altri."

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